L’organo

Lo strumento

Maurizio Isabella

La chiesa era già dotata di un organo a metà Cinquecento. Nel 1609 Valvassori costruì un nuovo organo, che venne restaurato e ampliato da Giovanni Rogantino nel 1627. Nel 1641 ancora un Valvassori costruì un nuovo strumento che venne riparato da Carlo Prati nel 1660. Carlo L’Acqua ne curò la manutenzione dal 1680 a inizio Settecento. Nel 1813 Giovanni Bossi costruì un nuovo strumento (nella cassa originale) che venne ampliato nel 1882 da Luigi Parietti. Tra il 1895 e il 1924 la manutenzione fu curata da Gaetano Prestinari. Nel 1928 Francesco Nasoni apportò alcune modifiche e restaurò lo strumento. Nel 1954 intervennero i fratelli Zordan di Vicenza. Nel 1970 fu restaurato dalla ditta Piccinelli di Ponteranica.

Organo situato a sinistra dell’altare, fuori dal presbiterio, in cassa monumentale.

Prospetto di 5 campate, più due organetti morti posti sopra le campate pari (9+9 canne), con 5+7+5+7+5 canne, tutte disposte a cuspide, di Luigi Parietti, 1882.

Tastiere originali di Luigi Parietti del 1882 di 66 tasti, dal Do-1 al La5, per il Grand’Organo (superiore) con prima ottava scavezza e di 66 tasti, dal Do-1 al La5, per l’Espressivo (inferiore), ma con 54 suoni reali, dal Do1 al Fa5.

Pedaliera inserita dalla ditta Piccinelli nel 1970, 24 pedali, dal Do1 al Si2, con prima ottava cromatica, con pedali lunghi, orizzontali e paralleli.

Somieri a vento di Luigi Parietti del 1882, in noce, con ventilabri triangolari, punte di guida in testa. Somieri accessori, originali, ad aria comandata.

Crivello con telaio in abete e piano in cartone, di Luigi Parietti, 1882.

Mantici originali a cuneo (n. 2), con caricamento manuale con 3 pompe orizzontali sovrapposte.

Manette dei registri disposte su tre colonne (due a destra della tastiera per il G.O. e una a sinistra per l’espressivo), in noce, a movimento laterale con blocco in tacca. Le manette, originali, hanno sezione ellittica.

La cassa e la tribuna d’organo

Sergio Gatti

L’orchestra dell’organo del santuario di Tirano è costruita in legno di noce, cirmolo, tiglio, acero e abete. È stata definita un’opera «colossale» che contrasta con il sobrio stile rinascimentale della chiesa, rispetto a cui, scrive G. Garbellini, «sembra straripare». Tale prorompenza è sia volumetrica che cromatica data la contrapposizione tra le tonalità chiare di fondo dell’edificio e la gran massa lignea scura della cassa e tribuna d’organo, sostenuta da otto colonne in marmo rosa di Arzo.

Quando nel 1608 il Consiglio dei Trentasei commissionò i lavori all’intagliatore bresciano Giuseppe Bulgarini, lo scopo era probabilmente quello di dotare la chiesa di un’opera che rendesse nelle proprie forme esuberanti la grandiosità dell’evento miracoloso che si era manifestato un secolo prima a Tirano e che aveva portato alla edificazione del santuario. Il Bulgarini consegnò i lavori nel 1617, ma l’opera non era ancora terminata, mancando i pannelli principali della tribuna. Ne era uscita di fatto un’orchestra ricchissima per intagli e sculture, che non piacque però al vescovo Sisto Carcano, in visita al paese nel 1624. Egli infatti ordinò, sotto pena di scomunica, la sospensione dei lavori e la demolizione dell’orchestra proprio a causa della sua sproporzione. Il decreto non ebbe fortunatamente seguito: il Carcano, titolare della diocesi di Germanicia, era stato inviato dal vescovo di Como Desiderio Scaglia e forse il provvedimento riuscì a essere aggirato per vie superiori o cadde nel dimenticatoio.

Fu solo nel 1658 che i lavori vennero terminati da Giovanni Battista Salmoiraghi di Legnano, il quale realizzò i tre pannelli principali della tribuna e cioè, da sinistra verso destra: la «Circoncisione», l’«Adorazione dei pastori» e l’«Adorazione dei Magi». Essi descrivono le scene in modo didascalico e ben comprensibile rispetto ai due pannelli ad essi intercalati. Questi ultimi, intagliati dal Bulgarini, raffigurano l’«Arcangelo Michele vittorioso» e l’«Apparizione della Madonna a Mario Omodei» utilizzando un linguaggio tanto enfatico da non essere immediatamente leggibile. La doratura di alcune parti dell’opera venne invece eseguita nel 1653 da Giovanni Casolar di Bormio.

La cassa è ricchissima di intagli e sculture con colonne, mascheroni, putti, frutta, telamoni, strumenti musicali. Di questi ultimi ne sono rappresentati in modo dettagliato oltre centocinquanta. In sommità è collocata una statua di Dio Padre a braccia spalancate, preceduta da tre angioletti danzanti: una immagine dinamica che corona in modo coerente il vigore di tutta l’opera.

All’occorrenza, il prospetto delle canne di facciata può essere coperto da un telero raffigurante l’Incoronazione della Vergine (1650 ca.), opera di Carlo Marni da Bormio coadiuvato da Domenico Stella da Lugano.

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